Non può essere vero. Quella non è la sua camera da letto e perché sente il suo corpo così pesante e la testa confusa? Anna ci prova ancora una volta, apre gli occhi e vede le sbarre. È un incubo? Sì, ma è sveglia ed è reale.
Si trova dentro una gabbia dotata di ruote, simile a quelle che venivano usate dal circo per trasportare gli animali. Non ha il tempo per pensare, la paura si arrampica in fretta su per le gambe e Anna grida. Ed è in quel momento, anche se poco confortante, che si rende conto di non essere sola. Perché in quel capannone, oltre la sua, ci sono molte altre gabbie e sconosciuti intrappolati. Non si ricorda niente, non sa come ha fatto a finire lì, ma deve al più presto trovare il modo di fuggire. Anna è intelligente, furba, astuta, riesce a mantenere la lucidità anche in una situazione dove il rapitore fa di tutto per privarti della tua umanità. Molte altre persone, ancora prima di lei, sono state imprigionate in quelle gabbie contraddistinte da parole in cirillico. Sì, perché ogni prigioniero rappresenta un animale dello zoo, con una specifica personalità e compito da rispettare. E Anna è pronta a disturbare l’equilibro e ribaltare questa piramide sociale.
Inizia così Zoo, il thriller psicologico e claustrofobico di Paola Barbato che mi ha tenuto sveglia per notti intere. Mi ha ricordato il primo Saw L’enigmista, dove il rapitore è sempre stato in prima linea a osservare le sue vittime. E anche in questo caso non ci sono molte alternative: o giocare o abbandonare il “gioco”. Gli occhi del lettore saranno gli occhi di Anna, obbligata a diventare anche lei una bestia per non impazzire e trovare una via di fuga. Anna sarà privata dei suoi vestiti, costretta ad alternare stati di lucidità ad altri di incoscienza, a cibarsi di cibo razionato e dal sapore pessimo, a scaldarsi come meglio può nelle giornate più fredde e convivere con l’odore fetido e nauseabondo dei suoi stessi rifiuti. Il rapitore è un burattinaio spietato e crudele, muove i fili per trasformare le sue vittime in fenomeni da baraccone e incapaci di ricordare la loro parte umana.
Ma Anna ha qualcosa in più che il rapitore sottovalutava: intelligenza, determinazione e spirito di sopravvivenza. Vivere nella gabbia è venire a patti con quello che eri e con quello che sei, rimettere insieme tutti i pezzi della tua vita passata e rendersi conto degli sbagli, di tutte quelle relazioni sbagliate, delle incomprensioni e delle fragilità accumulate.
Zoo è un romanzo spietato, coinvolgente e sconvolgente, che non si nasconde dietro mezzi termini, anche a costo di risultare troppo diretto, crudo e sboccato. Perché la storia che vuole raccontare ha bisogno di questo, di dialoghi forti, di personaggi ridotti a bestie in cattività, e di una donna che gioca tutte le sue carte, anche le più impensabili, per uscire da quella prigione fisica e mentale.
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