Le farfalle sono delle creature così belle, ma dalla vita sfuggevole. Quando ne incontriamo una, magari perchè vuole esibirsi in una danza davanti ai nostri occhi, diventa difficile non restarne ammaliati. Eppure, prima di diventare tanto affascinanti, questa bellezza se la sono sudata e, forse, mi piace pensare che sia questo il motivo della loro breve vita: vogliono conservarla prima che possa appassire. Ed è quello che fa il giardiniere, proteggere e mantenere l’incantevole splendore della sua amata collezione di farfalle.
Perchè esiste un luogo paradisiaco, lontano da occhi indiscreti, che mostra la sua bellezza a pochi prescelti. Un giardino curato nei minimi dettagli, un esplosione di colori, di fiori e di odori che intontiscono i sensi. Tra quel verde svolazzano le farfalle, giovani donne con gigantesche ali tatuate sulla schiena che indossano abiti scollati e si raccolgono i capelli per metterle in mostra. Perchè è questa la volontà del giardiniere, il custode di questo paradisiaco giardino che, in realtà, è la gabbia e la teca delle sue farfalle.
Maya, la protagonista dal nome fittizio, fa parte di questo gruppo esclusivo. Non l’ha deciso, ma si è trovata a vestire i panni di una farfalla e a conoscere la dura realtà del giardino. Ora, che è tornata in libertà, deve raccontare e ripercorrere gli ultimi anni della sua vita di fronte a due agenti. L’agente Hanoverian percepisce qualcosa di insolito nella ragazza, perchè non ha il classico atteggiamento di chi ha subito dei gravi danni, e sa che dovrà adoperare un approccio diverso se vorrà conoscere la verità.
Il personaggio di Maya è complicato, forte, malinconico, e la mancanza di emozioni e l’incapacità di piangere sono state la sua àncora di salvezza.
Il giardino delle farfalle è un thriller, pubblicato in Italia dalla casa editrice Newton Compton, che ha scalato le classifiche su Amazon. Successo più che meritato. L’autrice ha un talento naturale nel raccontarci una storia dentro la storia, come se il giardino fosse una favola dark da narrare a un bambino. Dà vita a un romanzo difficile da digerire, amarissimo, che abbatte i muri della razionalità e del buon gusto, che logora ogni organo interno, e ti porta a guardare il genere umano, quello di cui ti fidi, con occhi diversi.
L’ho divorato, nonostante fuori fosse buio, e mi sono fatta carico di quel senso d’angoscia che mi ha accompagnato per tutta la lettura. Quando sono arrivata alla fine, ho preso una boccata d’aria per riempire i miei polmoni che erano rimasti privi d’ossigeno.
A un occhio esterno, come quello di un lettore, diventa difficile capire il meccanismo che si instaura tra vittima e carnefice, come se prendersi cura delle proprie prigioniere fosse un biglietto da visita per giustificare l’atrocità del gesto. Farfalle che cercano l’amore del giardiniere, che vorrebbero essere una sua priorità, e farfalle che non si piegano alla crudeltà del loro destino. Come si può giudicare il comportamento di una farfalla che cerca la sua libertà?
Il romanzo è ben strutturato e si presenta con un alternarsi di punti di vista tra presente e passato, tra i ricordi del “soggiorno” nel giardino e l’interrogatorio con i due agenti. Il lettore può mettersi comodo e occupare lo spazio al di là del vetro della saletta, nascondendosi agli occhi di Maya ma con la possibilità di ascoltare la sua versione dei fatti. Conoscerà la storia un pezzo per volta, senza alcuna fretta, e scaverà una fossa per poter seppellire tutta la follia che tinge ogni pagina.
Se vi aspettate un thriller ricco di minuziose descrizioni di tortura, quelle che spesso sono scomode, allora questo libro non farà al caso vostro. L’autrice gioca con la mente, con l’aspetto psicologico che, a volte, è molto peggio di un macabro gesto. Lascia spazio all’immaginazione, dissemina brevi informazioni per fare in modo che sia il lettore a crearsi un film. Un libro che cambierà la vostra idea di tatuaggio.
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