Eccoci alla terza tappa del blogtour dedicato al romanzo Il giorno in cui ho imparato a volermi bene, edito dalla Sperling & Kupfer. Ogni blog coinvolto approfondirà i personaggi principali del libro e vi racconterà le sue impressioni di lettura. Iniziamo?
Dicono di non giudicare un libro dalla copertina, ma siamo davvero in grado di farlo? Il giorno in cui ho imparato a volermi bene cattura l’attenzione anche di un lettore distratto, spicca in mezzo ad altri libri e il titolo dà il colpo di grazia.Sfido chiunque a non prenderlo tra le mani e sbirciare la trama, almeno per chi ama il genere. Ho iniziato a leggerlo carica di aspettative, pensando di trovarmi di fronte a una storia più leggera e facile da digerire, magari una di quelle di cui ti innamori dalla prima pagina. Mi sbagliavo. Non è stato subito colpo di fulmine, come è successo con la copertina, ma ho faticato parecchio prima di riuscire a entrare in sintonia con i personaggi e con l’evoluzione della storia. Maryse, la protagonista e mamma di Charlot, è un brillante neuropediatra che cerca di tenere tutto sotto controllo, sfuggendo spesso dalle domande scomode e particolari del figlio. Non riesce a capire e a saziare la sua fame di curiosità, a rispondere a tutte quelle raffiche di domande che un bambino così piccolo non dovrebbe fare o soltanto pensare. Il fatto è che Charlot non è un bambino come tutti gli altri, lui è speciale, guarda il mondo con occhi liberi dall’ego, dalla superficialità e da tutte quella “povertà” che avvelena l’animo. Maryse non è in grado di entrare nel suo mondo, almeno non subito e non così facilmente, ha bisogno del suo tempo per avvicinarsi al figlio e ad accettarlo per com’è. Se all’inizio questo rapporto, queste domande insistenti e, a mio avviso, forzate per un personaggio di nove anni mi infastidivano, hanno iniziato a prendere un’altra piega dopo circa 1/3 del libro. E lì mi sono innamorata di questa “diversità”. Un romanzo che si affaccia alla vita, che mette in luce l’importanza di godersi il momento con tutte le sue imperfezioni, di respirare il profumo del mondo che ci circonda. Ci sono dei passaggi davvero belli e profondi che mi hanno commosso, non starò a raccontarvi il perchè e il come, lascio a voi la possibilità di decidere se leggere o meno questo romanzo. Ma sono certa che se siete un po’ curiosi lo farete!
Tocca a me parlarvi di Alex, la madrina di Charlot e amica di Maryse. Cresciuta in campagna, tra vacche e capre, travolta fin da ragazzina da una grande passione per l’ostetricia. Una passione che è come una vocazione, tanto da metterla al primo posto tralasciando tutto il resto… anche legarsi sentimentalmente a qualcuno. Sarà lei ad aiutare Maryse a dare alla luce Charlot, dopo un lungo e difficile travaglio. Fin da subito si crea, quindi, un legame con questo bambino che già appena nato brilla di una luce particolare, più accecante. Alex è diversa da Maryse, entra in sintonia con il cuore delle persone, supera le barriere della ragione, ma in qualche modo, non si sa come, la loro amicizia regge grazie a queste diversità. In ogni momento difficile lei c’è, l’asseconda, l’aiuta, la sorregge. L’autrice ci descrive una donna che sembra appartenere ad altri tempi, devota al suo lavoro e a volersi bene, rincorrendo sempre i suoi sogni e il bisogno di sapere qual è il suo posto nel mondo. Non occupa tanto spazio tra le pagine del romanzo, ma la sua presenza è sempre costante nei passaggi più importanti. Leggere per credere.
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